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Fecondazione assistita: cosa bisogna sapere

Pubblicato giovedi, 16 marzo 2017 di Laura Marchesani

Alla fine degli anni ’70, si sono effettuati i primi cicli di fecondazione assistita artificiale in vitro in umani. La rivoluzione della procreazione è iniziata quindi da pochi decenni e il suo sviluppo è costante, con risultati sempre più sorprendenti.

Quando si ricorre alla fecondazione assistita?

La maggior parte dei pazienti delle cliniche di tutto il mondo sono coppie di eterosessuali desiderosi di diventare genitori, ma che per diverse ragioni non riescono a conseguire una gravidanza. In alcuni casi, queste persone che cercano l’aiuto della scienza, non riescono a scoprire quali sono le cause che impediscono loro di avere un figlio naturalmente, per cui si rivolgono a degli esperti per avere consigli e indicazioni che li aiutino a procreare.

Ma, a passo con i tempi, il modello di famiglia è cambiato e anche persone che non rientrano nell’insieme sopra citato, cercano un aiuto per realizzare il loro desiderio di genitorialità.

Si tratta di donne single, coppie di donne e, di recente, anche coppie di uomini o uomini single. Questi ultimi oltre che alla fecondazione assistita devono ricorrere anche a una gestante.

Con la definizione di procreazione medicalmente assistita si indicano, infatti, diversi tipi di trattamenti che aiutano i futuri genitori a realizzare il loro sogno.

Come affrontare una fecondazione assistita

A seconda delle circostanze dei futuri genitori, le premesse che li accompagnano nel loro percorso sono molto diverse e spesso determinano anche il loro modo di affrontare un ciclo di fecondazione assistita.

In generale, le aspettative e l’investimento emotivo di chi inizia un cammino di questo tipo, sono notevoli, indipendentemente dalla tecnica da seguire.

Ovviamente la speranza è sempre quella di vedere il proprio sogno che si realizza nel minor tempo possibile, per cui, se gli sviluppi non sono come ci si aspettava, la sensazione di frustrazione può iniziare a farsi avanti.

Da questo punto di vista, è molto importante che l’equipe della clinica di procreazione assistita che segue il paziente sia trasparente rispetto alle possibilità di riuscita e agli scenari che si potrebbero presentare. In ogni modo, nonostante la chiarezza di base, rimane sempre difficile digerire un ciclo non andato a buon fine, per questo in molti centri di PMA esiste la possibilità di chiedere l’appoggio di uno psicologo o di un coach, figure professionali che sono in grado di fornire quel supporto emotivo extra di cui a volte si sente il bisogno.

Quando fare il test di gravidanza

Anche se il medico indica alla paziente che ha appena affrontato un ciclo di fecondazione assistita di attendere due settimane per una prova di gravidanza in sangue, a volte le protagoniste prese dall’ansia di conoscere il risultato dei loro sforzi, effettuano un test di gravidanza in urina.

Nei primi giorni dopo un’inseminazione o una fecondazione in vitro il risultato di un test in urina potrebbe non essere al 100% esatto, per questo il consiglio dell’equipe medica è quello di attendere il momento opportuno e un valore in sangue che dà maggiori indicazioni su come procedono le cose. Certo l’attesa sembra spesso essere la fase più dura del trattamento di fecondazione assistita, perché i pensieri affollano la mente e tenerli a bada non è un’impresa semplice per nessuno!

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